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Rosario Sprovieri


Arturo Barbante è figlio della terra dei cantastorie. Attraverso la sua arte, alla maniera dei Trombadour e dei Jongler, ci racconta storie tratte dal quotidiano che eleva a scene espressive cariche di simbologia. Nei suoi contesti c'è una puntigliosa drammatizzazione del reale, che appassiona e coinvolge completamente ogni pubblico. Grande e magistrale la melodia degli arpeggi su tela, per mezzo della versatilità della sua arte; in-canta, colora versi, osserva, crea e scandaglia, poi fissa immagini, che suscitano pathos e intense suggestioni. Il pittore posa sapientemente i colori attraverso pennellate nate dai tormenti dello spirito, agita e anima superfici che trasudano emozioni, affiorano istanti e temi di un tempo ordinario che l'artista, prima seziona con sapienza nella propria mente, poi abbozza e ne completa il ricamo con estrema cura, annotando sonorità sui pentagrammi delle sue pitture.
I segni sorprendono e affascinano, i paesaggi densi di cromatismi sono debitamente accordati, diventano tracce sensibili proiettate verso le stagioni del futuro. Egli le spinge, come vele gonfie di vento del Sud forte di zagara, verso la brezza del mare mediterraneo, ammantate e strette fra universi di colori che ne conservano viva la memoria, e che li rendono incorruttibili e immortali. Arriva sino al braccio, ne guida le mani, il pulsare di un cuore fecondo, ricco e impregnato di robusta tradizione magnogreca. C'è la spiritualità ellenica, il carattere dei popoli del mare: dai Micenei ai Fenici ai Latini, è qui la fonte dell'ispirazione ancestrale di Arturo Barbante, affiorano lievi ricchi sciami di tinte, scorrono come acqua pura di sorgente, qui dove calcano i monti Iblei, sino all'affaccio fra le onde alla risacca di quel mare colore del vino.
Ricorrono temi e motivi antichissimi, ricompaiono segni che riconducono a grandi artisti del V secolo a. C., ai pittori di Charon e di Timokrates, al pittore di Achille, ai loro Lékythoi. L'azione è quasi in rilievo, appaiono efficaci sottolineature, spiccano l'importanza del gesto e le molteplici figure allungate, c'è una reiterazione di quei caratteri innovativi e emozionanti, che segnarono la massima espressione dello spirito classico e che, proprio grazie a quelle nuove figurazioni passionali e alla ricchezza delle visioni scenografiche, aprirono il varco alle romantiche inquietudini dell'età barocca. Se ci accostiamo un po' più da vicino alle tematiche delle sue narrazioni esposte in cornice, ci ritroviamo dentro a universi umani costruiti intorno alla condizione dell'attesa.

c'è un'aria stranamente tesa
c'è un gran bisogno di silenzio
siamo come in attesa.

No, non parlatemi
bisognerebbe ritrovare
le giuste solitudini
stare in silenzio ad ascoltare
.

Fra i personaggi in attesa, dal vago sapore beckettiano, ogni animo inquieto è libero di scorgere Dio, il destino, la morte, la fortuna, l'amico. Sono figuri introversi, viaggiatori che vagano nella nostra infinita inquietudine, uomini assorti che s'ignorano, aleggia una forte solitudine, come succede ai giocatori di carte di Cézanne. Richiamano i segreti della nostra mente, l'oscuro e l'indecifrabile resta ben custodito nella gestualità di questi esseri, anche perché, tutti coloro che li avvicinano, innumerevoli volte, restano sordi e ciechi.
Gli attori rimangono immobili, intenti a passare il tempo, ma anche a protendersi oltre il tempo, sono interpreti dei pensieri non detti, delle riflessioni intime taciute per sempre, sono testimonianza di mondi inaccessibili e privati che vivono unicamente dentro noi stessi. C'è l'eterno che è in noi che sa che la vita è senza tempo e, sa che l'oggi non è che il ricordo di ieri, e il domani il sogno di oggi.3 L'osservatore che, invece, riesce ad afferrare il senso delle folate di colori, scopre il linguaggio dell'artista ibleo e ne comprende il carattere; l'idea dell'assurdità del mondo, delle debolezze della natura umana, di un'esistenza della quale di solito non vediamo che le apparenze o le finzioni4, come su una scena simulata di un piccolo teatro.
Il fondatore del suprematismo, Kasimir Malevic, ha scritto che l'arte non è solo arte, ma è un pensiero; Il pennello è ribelle e non può penetrare nella sinuosità del cervello, la penna è più acuta. Dalla mente del creatore d'arte, infatti, si spalancano infinite finestre, luci direzionali illuminano scene usuali di vita domestica; sono questi i personalissimi universi di Barbante, egli li idealizza e ne immortala la sacralità. Ecco la tavola, la famiglia, gli amici, sono umili prospettive che vengono sublimate sino al sacro, ci si respira un'aria altamente spirituale, c'è del mistico, un'atmosfera carica e inquieta come nella cena di Emmaus del Caravaggio.
Nell'attenzione verso gli atleti, i tuffatori, i ciclisti, verso la fluidità delle masse muscolari e dei fisici scultorei in azione, in questo, che sono il cosmo di Arturo Barbante si manifestano ancora perentoriamente tematiche pittoriche antichissime. Nella civiltà greca antica, l'esigenza di comunicare una vittoria nei grandi agoni sportivi e di trasmettere il ricordo nel tempo presente e futuro, era affidata a due sistemi di raffigurazione: la poesia e l'immagine.
Simonide (VI - V sec. a. C.), in una sorta di parallelismo definì la poesia pittura parlante e la pittura, appunto, poesia muta. È proprio questa è la frequenza sulla quale si è sintonizzato l'artista, figlio della città del vino e dei fiori. Potremmo senz'altro dire che, come per il pensiero platonico, nelle opere di Barbante ci sono i ricordi di conoscenze acquisite in vite precedenti che riaffiorano naturalmente dall'anima, è l'anamnesi del pittore.
Le pagine della sua opera, mostrano le icone dei nostri tempi: scarpe, bottiglie, hamburger, cibo affastellato, e poi, gli spiaggianti, i nuovi protagonisti di piazze reali e virtuali, coloro che si sono impadroniti dell'agorà del nostro tempo, occupandone invasivamente tutti gli angoli e l'intero proscenio. Uno sguardo attento e severo verso un'umanità che si mostra e che compete ininterrottamente per apparire. Barbante prende la freschezza e l'azione direttamente dall'Action Painting, ne progetta ogni movimento di colore, ed ogni segno è attinto direttamente dall'architettura del suo pensiero, e manipolato con padronanza assoluta.
Uno sguardo neorealista, che si aggiunge al mondo dei lunatici di Fellini e Cavazzoni … è neorealismo guardare la realtà con occhio onesto, ma proprio tutte le realtà, non soltanto la realtà sociale, ma anche la realtà spirituale, la realtà metafisica e tutto ciò che l'uomo ha dentro di sé!
Barbante ci propone uno scrigno prezioso, un forziere di gioie di indubbio valore, ci mostra perle uniche e rare che risplendono e scintillano dinanzi ai nostri occhi. Nei suoi paesaggi c'è una ricchezza di luce intensa e infinita. È un universo altamente spirituale, che favorisce la contemplazione e l'estasi, una richiesta, un invito a fermarsi un istante, per ritrovare noi stessi, per sfuggire insieme alle storture del mondo.